lunedì 17 settembre 2012

Chiaroscuri e patate


Ecco, sì, insomma, neanche a farlo apposta. Io avevo espresso il desiderio di un piccolo prolungamento di estate, ma a quanto pare non si può avere, tornare il prossimo anno please.
Bè, adesso è almeno tornato un po’ di sole. Qualche giorno fa era tutto buio e tirava un vento sinistramente simile alla bora invernale e io ero presa da profondo sconforto, già mi vedevo a indossare cappotto, calze e strati a volontà per uscire di casa... c’era proprio un’atmosfera ricca di chiaroscuri come nella pittura fiamminga. Anzi, come ne “i mangiatori di patate”. Ho sempre amato quel quadro. I miei avevano una raccolta in due fascicoli delle opere maggiori del disturbato pittore olandese e a me piaceva tanto sfogliarlo, molto più di quello di Toulouse-Lautrec (chissà perché poi, boh, gusti infantili). Insomma, in quei volumi c’erano parecchi quadri che mi piacevano, in particolare quelli di tema squisitamente campagnolo (furlana po’!) o i chiari di luna. I mangiatori di patate non era tra questi preferiti, ma esercitava sempre su di me un certo qual fascino, un’attrazione misteriosa e indefinibile. Chi erano quei mangiatori di patate? Che lavoro facevano? Erano semplicemente qualificati come mangiatori di patate, ma non mi pareva possibile che fossero assaggiatori di tuberi per qualche ditta esportatrice... Come mai erano immersi in quel fitto buio da congiura, era una tarda serata invernale? Oppure semplicemente la casa aveva finestre piccole? Cosa ci avranno fatto con quelle patate? Sempre mangiate così, oppure ogni tanto si variava e si faceva, chessò, una zuppa, un timballo di qualcosa? Ma soprattutto, di che avranno parlato? Sì, cos’è che faceva sorridere la signora pienotta con la cuffia svolazzante? Forse il signore segaligno le aveva sussurrato qualche galanteria o magari un raccontino malizioso, un pettegolezzo? Oppure si era persa a fantasticare su qualche avvenimento improbabile, ma che sarebbe stato tanto bello potesse accadere...


Boh, questo lo sapeva solo Van Gogh, oppure solo la signora con la cuffia, chissà, magari aveva preso vita dalle prime pennellate dell’artista e così aveva acquistato una coscienza propria e pensieri autonomi. Chi può dirlo. Ad ogni modo tutto questo rimuginare mi ha fatto venir voglia di qualcosa di caldo e confortante a base di patate e mi è venuta in mente la minestra della mamma. Cosa c’è di meglio di una minestra della mamma??


Minestra di patate e cipolle:

2 cipolle
3-4 patate medio-grandi
riso
brodo vegetale
sale, pepe
prezzemolo


Affettare la cipolla e soffriggerla in una pentola capiente, in questo caso vi consiglio la pentola a pressione. Tagliare le patate a cubetti e aggiungerle alle cipolle, salare e lasciar insaporire per un po’. Aggiungere brodo quanto basta (in modo da coprire le verdure), qualche pugnetto di riso (non chiedetemi esattamente quanto che come potete vedere io ho esagerato), chiudere la pentola e cuocere 7-8 minuti dall’inizio del fischio. Sfiatare, aprire, aggiustare di sale e pepe, spolverizzare con il prezzemolo tritato e servire.


Bè, ovviamente la versione migliore è quella della genitrice. Cosa che mi genera profondo fastidio. Insomma, cos’ha lei che io non ho? Niente da fare, ci sono cose nelle quali mi supera di una spanna buona, sarà l’esperienza, come insinua cauto il cicione ogni volta che mi vede rugnare contro qualcosa “meno buona di quella della mamma”. Mi chiedo se in futuro sarà a ME che verrà qualcosa meglio in quanto mamma... sarebbe una tardiva rivincita!

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