Ecco, sì, insomma, neanche a
farlo apposta. Io avevo espresso il desiderio di un piccolo prolungamento di
estate, ma a quanto pare non si può avere, tornare il prossimo anno please.
Bè, adesso è almeno tornato un
po’ di sole. Qualche giorno fa era tutto buio e tirava un vento sinistramente
simile alla bora invernale e io ero presa da profondo sconforto, già mi vedevo
a indossare cappotto, calze e strati a volontà per uscire di casa... c’era
proprio un’atmosfera ricca di chiaroscuri come nella pittura fiamminga. Anzi,
come ne “i mangiatori di patate”. Ho sempre amato quel quadro. I miei avevano
una raccolta in due fascicoli delle opere maggiori del disturbato pittore
olandese e a me piaceva tanto sfogliarlo, molto più di quello di
Toulouse-Lautrec (chissà perché poi, boh, gusti infantili). Insomma, in quei
volumi c’erano parecchi quadri che mi piacevano, in particolare quelli di tema
squisitamente campagnolo (furlana po’!) o i chiari di luna. I mangiatori di
patate non era tra questi preferiti, ma esercitava sempre su di me un certo
qual fascino, un’attrazione misteriosa e indefinibile. Chi erano quei
mangiatori di patate? Che lavoro facevano? Erano semplicemente qualificati come
mangiatori di patate, ma non mi pareva possibile che fossero assaggiatori di tuberi
per qualche ditta esportatrice... Come mai erano immersi in quel fitto buio da
congiura, era una tarda serata invernale? Oppure semplicemente la casa aveva
finestre piccole? Cosa ci avranno fatto con quelle patate? Sempre mangiate
così, oppure ogni tanto si variava e si faceva, chessò, una zuppa, un timballo
di qualcosa? Ma soprattutto, di che avranno parlato? Sì, cos’è che faceva
sorridere la signora pienotta con la cuffia svolazzante? Forse il signore
segaligno le aveva sussurrato qualche galanteria o magari un raccontino
malizioso, un pettegolezzo? Oppure si era persa a fantasticare su qualche
avvenimento improbabile, ma che sarebbe stato tanto bello potesse accadere...

Boh, questo lo sapeva solo Van
Gogh, oppure solo la signora con la cuffia, chissà, magari aveva preso vita
dalle prime pennellate dell’artista e così aveva acquistato una coscienza
propria e pensieri autonomi. Chi può dirlo. Ad ogni modo tutto questo
rimuginare mi ha fatto venir voglia di qualcosa di caldo e confortante a base
di patate e mi è venuta in mente la minestra della mamma. Cosa c’è di meglio di
una minestra della mamma??
Minestra di patate e cipolle:
2 cipolle
3-4 patate medio-grandi
riso
brodo vegetale
sale, pepe
prezzemolo
Affettare la cipolla e
soffriggerla in una pentola capiente, in questo caso vi consiglio la pentola a
pressione. Tagliare le patate a cubetti e aggiungerle alle cipolle, salare e
lasciar insaporire per un po’. Aggiungere brodo quanto basta (in modo da
coprire le verdure), qualche pugnetto di riso (non chiedetemi esattamente
quanto che come potete vedere io ho esagerato), chiudere la pentola e cuocere
7-8 minuti dall’inizio del fischio. Sfiatare, aprire, aggiustare di sale e
pepe, spolverizzare con il prezzemolo tritato e servire.
Bè, ovviamente la versione
migliore è quella della genitrice. Cosa che mi genera profondo fastidio.
Insomma, cos’ha lei che io non ho? Niente da fare, ci sono cose nelle quali mi
supera di una spanna buona, sarà l’esperienza, come insinua cauto il cicione
ogni volta che mi vede rugnare contro qualcosa “meno buona di quella della
mamma”. Mi chiedo se in futuro sarà a ME che verrà qualcosa meglio in quanto
mamma... sarebbe una tardiva rivincita!
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