giovedì 29 settembre 2011

Fermentazioni casalinghe


Devo fare una confessione: non è che io sia mai stata una grande estimatrice del pane. Saaaacrilegio!! :-DDD Sarà pure un sacrilegio ma le cose stanno proprio così: mia mamma ha sempre amato il pane, ma né io né mio fratello siamo tipi da una pagnotta a pasto. Quando poi ho iniziato le mie innumerevoli diete il pane è stato proprio tagliato, eliminato, fatto sparire per ridurre il più possibile la quantità di carboidrati quotidiani. Poi io ho deciso di eliminare le diete :-D ma ormai non ero più abituata a mangiare pane e facevo quelle cose orribili tipo comprare un pan bauletto che usavo solo a colazione e mi durava per mesi! Da quando vivo col cicione, però, le cose sono di nuovo cambiate. Lui infatti sì che era abituato a mangiare una pagnotta a pasto e quindi pian piano ha reintrodotto il povero farinaceo sulla nostra tavola, anche se assolutamente non nelle quantità a cui era abituato lui. Così ho pensato: perché non provare anche a farlo in casa?

martedì 27 settembre 2011

Lo strumento: la pentola a pressione


 Premessa: io DETESTO la pentola a pressione. Non so esattamente perché. Probabilmente si tratta di un trauma dalle radici profonde, che risale ai tempi in cui da ragazzina mi veniva affidata la pentola dalla mamma con la raccomandazione “se la apri senza sfiatare esplode”, quelle cose che a me non mettono tensione. No. Il tutto condito dal fatto che non mi ricordavo mai quando bisognava abbassare la fiamma (che impedita!!), però sapevo che la mamma si irritava se per la centesima volta le chiedevo di scrivermi delle istruzioni e così rimanevo col dubbio di sbagliare e ogni tanto pure sbagliavo. Questo giusto così, per inquadrare meglio la situazione di disagio che si è creata tra me e la pentola. Non pensiate che la cosa per me sia indolore: questo strumento infatti permette di risparmiare energia ed emissioni di anidride carbonica (sta meno sul fuoco, quindi si consuma meno gas!) e voi sapete quanto io pensi che sia importante evitare sprechi all’ambiente. Però che volete farci, era più forte di me.


giovedì 22 settembre 2011

Cronaca di un insuccesso


Perché a volte è bello anche ridere degli insuccessi. A volte.
Ah, il gelato fatto in casa. Ho sempre avuto un debole, per il gelato fatto in casa. Mia mamma non lo faceva spesso, ma quando lo faceva (anzi, quando lo fa senza aspettare che io torni da Trieste, tzè) ci mettevi più tempo a rimpiangere di averlo finito che a mangiarlo. Oh, sempre e rigorosamente gelato alla frutta, “perché” - cito - “le creme hanno cose, uova, robe strane e non vengono mai”. Vabbè. Il gelato fatto in casa in realtà per me è legato più che altro all’infanzia, dopo è diventato un evento sempre più raro. Non c’è niente che faccia estate come il gelato e per me ancora di più, visto che la mamma lo faceva sempre e solo nella bella stagione (anche perché hai poche altre chances, se lo fai quasi sempre solo al melone, alla pesca o alla fragola). Quando mio fratello ed io avevamo sfranto i maroni a sufficienza (gelato, gelato gelatooo!!) la mamma tirava fuori la gelatiera storica. È un oggettino carinissimo, molto retrò, con una scritta (mi pare Gran Gelato, ma non sono sicura) tutta a svolazzi che fa molto 1800... e in effetti credo che sia di poco più giovane :-DDDD Appena accesa iniziava subito a fare un rumore basso, deciso e continuo, grengrengrengrengrengrengren, così, senza un’interruzione, un’esitazione o un intoppo. Continuava indisturbata e non dava fastidio a nessuno, forse perché sapevamo tutti che il rumore annunciava una bella scorpacciata! Ricordo anche che mi affascinava molto il gesto della mamma di aggiungere 3-4 manciate di sale grosso, mi chiedevo ogni volta come facesse poi il gelato a diventare dolce... lol! Inutile che mia mamma precisasse sempre che quello era per il ghiaccio :-S Una volta pronto, appena fatto, ricordo che il gusto era inimitabile: ricco, di consistenza morbida e con tutto il sapore della frutta appena frullata. Ti formava subito una pellicina di panna sul palato, ma chi è la persona arida e senza cuore che ci farebbe caso?

martedì 20 settembre 2011

Di ananas e prime volte...


 Eccoci qua ! Dopo circa soli due mesi di esistenza, questo blog decide di partecipare ad un contest, e più precisamente al primo contest di Zenzero e Caffè. La prima volta non si scorda mai e qua ci sono ben due prime volte!!! :-D. Ma scherzi a parte. Questo contest ha come tema l’ananas e prevede tutte le categorie tranne i dessert (sgrunt!); tutti possono partecipare (anche chi non ha un blog!) e si può presentare più di una ricetta. A me l’ananas piace molto e quindi ho deciso di raccogliere questa sfida, anche se avrei preferito fare un dolce.


giovedì 15 settembre 2011

Ispirazione e afrodisiaci: dall’Oriente con furore!


A volte l’ispirazione viene così, un po’ a caso. A volte ti ricordi del costosissimo riso nero Venere che langue da un po’ in dispensa, ti viene voglia di quelle deliziose mozzarelline di bufala, hai sotto gli occhi della zucca e pensi che per essere originale fino in fondo ci vorrebbe proprio del salmone affumicato... che ne dite, è un’accozzaglia di cose abbastanza casuali per voi? :-D
Il riso Venere è un riso nero, ma non perché insaporito con nero di seppia. Nossignori, è così di natura: si tratta di una varietà particolare originaria della Cina che oggi, dopo una serie di incroci e selezioni, viene coltivata anche nella Pianura Padana. Il suo colore inusuale non è dovuto all’intero chicco, che è bianco, ma solo alla pigmentazione scura del pericarpo, ovvero la pellicina più esterna. Si tratta quindi di un riso integrale: la pellicina non viene rimossa e così il chicco rimane nero e conserva tutte le sue proprietà nutritive. Due piccioni con una fava! A me personalmente questo riso piace per il forte aroma, come di pane appena sfornato, che diffonde appena inizia a bollire e per il sapore intenso, per nulla banale.

martedì 13 settembre 2011

La prugna venuta dal freddo


Quest’anno i nostri susini hanno scioperato. È da un po’ che lo fanno. Ci deve essere del disagio strisciante, non espresso, qualcosa che facciamo o diciamo che essi ritengono offensivo. Oppure semplicemente violiamo qualche elementare diritto sindacale arboreo a noi sconosciuto, chissà. Sta di fatto che i susini non si esprimono, si limitano a tenere i rami incrociati e a produrre simbolicamente UN’UNICA prugna per albero (davvero!), così, per sfregio. È per questo che quando gli zii hanno detto ai miei che i susini di Ligosullo erano carichi come muli abbiamo trionfalmente annunciato ai nostri che potevano fare a meno di disturbarsi e in un immaginario coro di fischi e “crumiri!” abbiamo rivolto la prua verso la Carnia. Qui abbiamo potuto verificare che effettivamente gli alberi erano stracarichi, anche se di frutti non del tutto maturi. Pazienza, abbiamo deciso che ne avremmo raccolti lo stesso e che in caso saremmo ritornati anche più avanti. È stata una bella giornata: soleggiata, senza una nuvola, con un piacevole teporino che invitava a stare all’aria aperta. Siamo arrivati agli alberi e abbiamo iniziato a raccogliere con metodo, chi da terra, chi arrampicato e chi sulle spalle del povero moroso (già, chi? :-P). Abbiamo riempito due cassette e un cestino, ma guardando in alto, verso le chiome cariche, non pareva neppure che fossimo passati. Le susine, poi, erano un vero spettacolo. Belle, sane, senza neppure un’imperfezione. Giusto un po’ troppo acidule, ma chi ci fa caso? L’unica cosa che mi dispiace è che nella foga della raccolta non mi sia ricordata di fare delle foto :-(

venerdì 9 settembre 2011

Momento revival: la cotognata


Allora, ricordate il discorso sulle nostalgie culinarie degli ultra-cinquantenni? Sì? Bene, perché chi di voi ha circa quest’età può prepararsi alla commozione: in questo post si parla di cotognata!
Nel giardino dei miei, tra le tante cose, ci sono tre cotogni (Cydonia oblonga). Sì, abbiamo tre cotogni. E pensare che c’è un sacco di gente che non l’ha nemmeno vista, una mela cotogna :-D Che poi è un frutto perverso. Mai provato a dargli un morso? Se non avete mai provato continuate così, perché è infido e bastardo: non vi accorgereste comunque del sapore, occupati come sareste a desiderare di darvi fuoco alla bocca per eliminare l’orribile impressione di aver ingoiato un tubetto di bostik. La grande domanda su questo frutto, come mi faceva notare il mio moroso tempo fa, è: chi ha avuto l’idea geniale di cuocere un frutto così immangiabile invece che limitarsi a sterminare tutti i cotogni della Terra? :-DDD

martedì 6 settembre 2011

Il pranzo di Babette


Chissà perché, ma ho indovinato subito come andava a finire :-D Sarà perché sono friulana?

Questo non è un post che contiene ricette, ma se decidete di guardare il film di sicuro vi verrà voglia di cucinare, o per lo meno di mangiare qualcosa a caso, tipo le quaglie, ad esempio :-D
Quindi sì, questo film del 1987, scritto e diretto da Gabriel Axel e tratto da un racconto di Karen Blixen parla di cibo, però sarebbe riduttivo farlo rientrare nella categoria dei film “di cucina”, tipo Julie&Julia, per intenderci (che tra parentesi mi è piaciuto).
ATTENZIONE: il post odierno contiene un riassunto dettagliato del film e una grossa quantità di spoilers e quindi chi di voi non si volesse rovinare un’eventuale visione fa meglio prima a passare da blockbuster.