domenica 24 luglio 2011

Della barbabietola non si butta via niente!!

 
Esatto, come per il maiale. Sorpresi? Io per prima.
Nell’orto dei miei le barbabietole compaiono ogni anno e danno sempre soddisfazione: diventano subito dei bugni enormi, viola e zuccherosi. Il loro colore acceso è dovuto non ad antocianine come pensavo io (sciocca ed immatura!), ma ad una classe di composti di natura diversa, le betalaine. Si tratta di pigmenti idrosolubili azotati generalmente distinguibili in betaxantine, di color giallo arancio (tipiche delle varietà più chiare) e betacianine, rosso-viola (Azeredo, 2009), di cui sicuramente le barbabietole dei miei sono piene zeppe. Le betalaine sono state osservate solo in alcune famiglie delle Cariophyllales, dove svolgono compiti simili a quelli delle antocianine. In effetti, pare che i due gruppi di composti si escludano a vicenda: piante che producono betalaine non possiedono antocianine e viceversa (Strack et al., 2003; Han et al., 2009). Le loro funzioni sono numerose: attrazione di impollinatori e disseminatori, protezione delle cellule dallo stress ossidativo, protezione dai raggi UV, protezione dalle infezioni batteriche (Piattelli, 1981; Sepúlveda-Jiménez et al., 2004; Han et al., 2009). Le betalaine interessano anche l’uomo: i consumatori infatti tendono sempre più ad evitare alimenti con coloranti sintetici e l’industria alimentare si adegua sostituendoli con carotenoidi, antocianine e, appunto, betalaine (Azeredo, 2009). Inoltre, pare che la loro potente attività antiossidante sia utile anche a noi mammiferi: alcuni studi (vedere su Tesoriere et al., 2004) indicano infatti che le betalaine vengono assorbite a livello intestinale, anche se non è ancora ben chiaro che cinetica abbiano poi all’interno del corpo umano. Qua potrei andare avanti per ore, perché la chimica secondaria di piante, funghi e licheni mi affascina tantissimo (come alcuni di voi ben sanno), ma mi sono resa conto con orrore che ho cominciato a scaricare papers sull’argomento (tra cui uno interessantisssssimo sui pathway biochimici che portano alla loro formazione, Han et al., 2009) e ciò non è bene, fa decisamente nerd per un post di cucina!


Insomma, pensavo di conoscere tutti i segreti di questo ortaggio, ma non avrei mai detto che anche la parte aerea, ovvero gambi e foglie, fosse edibile. L’ho scoperto su una rivista di cucina e da allora ho deciso che mai più avrei sprecato e che prima o dopo bisognava speriementare. Tanto più che sicuramente le “preziose” betalaine vengono accumulate anche nei gambi e nelle nervature: credo in concentrazioni minori (dato che i gambi sono rossicci e non viola cupo), ma comunque abbastanza per macchiare (occhio!).
La prima volta che le ho sperimentate, passate in padella col burro, non posso dire di esserne rimasta del tutto soddisfatta. Foglie e gambi della barbabietola (Beta vulgaris), infatti, hanno un sapore in parte amarognolo e in parte acido, che ricorda quello del chenopodio (non molto sorprendente, considerando che è anch’essa una chenopodiacea!) e che lega un po’ la lingua. Quindi ci ho pensato un po’ su e ho deciso che in cucina potrebbero avere lo stesso “ruolo ecologico” della cicoria: in breve, ho provato a farle assieme alle biete. Inizialmente volevo usare le biete da costa, ma non le ho trovate e ho ripiegato su quelle da taglio... Resto convinta che quelle da costa sarebbero state l’ideale, ma sono comunque soddisfatta del risultato finale: la dolcezza delle biete fa sopportare il gusto amarognolo di gambi e foglie delle barbabietole e queste ultime limitano l’eccessiva zuccherosità delle prime.
Quindi:

1 mazzo di gambi e foglie di barbabietola
1 mazzo di biete da taglio (in quantità leggermente superiore)
carota, sedano, cipolla
mezzo bicchiere di vino bianco secco
pancetta affumicata a cubetti
panna da cucina
olio, sale

Lavare e asciugare i due mazzi di verdure, separare le foglie dai gambi e tagliare questi ultimi a bastoncini.  Far soffriggere in una padella capiente il trito di cipolla, sedano e carota, aggiungere la pancetta, far rosolare e buttare anche i gambi; cuocere 1-2 minuti a fiamma alta e sfumare con il vino. Abbassare la fiamma, coprire e cuocere 5-10 minuti o fino a quando i gambi saranno morbidi. Aggiungere mano a mano le foglie, chiudere e lasciar appassire finché il volume sarà decisamente diminuito facendovi pensare “ma come, la padella era piena!”. A questo punto salare, pepare e irrorare generosamente con la panna da cucina; far cuocere ancora qualche minuto e togliere dal fuoco. Aggiungere un altro ciuffo di panna in ciascun piatto al momento di servire.
Sia chiaro: non è il cibo degli dei, ma è un modo gradevole per utilizzare la parte aerea. Un’altra idea geniale dalla quale prendere spunto è suggerita in due link in fondo a questo post del Cavoletto di Bruxelles... che è sempre una fuoriclasse! La domanda finale è: questo post vi è utile o nessuno di voi ha mai avuto sotto mano una barbabietola completa di gambi e foglie? :-S


Bibliografia:

Azeredo H.M.C., 2009. Betalains: properties, sources, applications, and stability – a review. International Journal of Food Science & Technology, 44(12): 2365-2376.

Han X.H., Gao Z.J., Xiao X.G., 2009. Enzymes and genes involved in the betalain biosynthesis in higher plants. African Journal of Biotechnology, 8(24): 6735-6744.

Piattelli M., 1981. The betalains: structure, biosynthesis, and chemical taxonomy. In: Conn EE (Eds.). The biochemistry of plants, Academic Press, NY: 557-575.

Sepúlveda-Jiménez G., Rueda-Benítez P., Porta H., Rocha-Sosa M., 2004. Betacyanin synthesis in red beet (Beta vulgaris) leaves induced by wounding and bacterial infiltration is preceded by an oxidative burst. Physiol. Mol. Plant Pathol., 64: 125-133.

Strack D., Vogt T., Schliemann W., 2003. Recent advances in betalain research. Phytochemistry, 62(3): 247-269.

Tesoriere L., Allegra M., Butera D., Livrea M.A., 2004. Absorption, excretion, and distribution of dietary antioxidant betalains in LDLs: potential health effects of betalains in humans. American Journal of Clinical Nutrition, 80: 941-945.

3 commenti:

  1. Se ti avanza del succo, puoi fare degli scherzi in laboratorio versandolo ovunque e gridando: oddio mi è esplosa la boccetta dell'etidio!!! (Tavagnacco et al.,2005)

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  2. ...ottima idea, finché gli altri non passano all'opzione "linciaggio"!

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  3. è un rischio che bisogna pur correre, se si vuole contribuire a salvare il pianeta dagli sprechi! :D

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